I Santuari

 

Fondo Gesù
L'area, posta tra la città fortificata cinquecentesca e la sponda destra del fiume Esaro, è comunemente nota come Fondo Gesù essendo occupata dalla Chiesa dell'Annunziata e dal Convento dell'ordine di S.Francesco intitolato a Gesù e Maria. A partire dal XVII secolo l'area è caratterizzata dalla presenza di una serie di magazzini per lo stoccaggio del grano appartenenti a famiglie nobili, enti ecclesiastici, negozianti e massari, che si dislocavano lungo la via che portava fuori della città. Nel corso del tempo, già a partire dalla realizzazione dei magazzini, sono avvenuti sporadici rinvenimenti archeologici. In particolare, Nicola Sculco nel suo volume segnala la scoperta di "...due teste di statue di marmo, di grandezza naturale, una gamba di bronzo, diversi tronchi di colonne, capitelli fregi... ed un bellissimo marmo con greca iscrizione.....".  Dopo alcuni primi interventi occasionali condotti negli anni Settanta, la Soprintendenza ha aperto nell'area, oggi proprietà della Autolinee Romano s.p.a., una serie di scavi sistematici tra 2000 e 2005 riscontrando una sicura continuità di insediamento almeno a partire dal V secolo sino al III secolo a.C. Come in altre zone di Crotone sono stati recuperati tratti di assi stradali ed edifici appartenenti al blocco urbanistico centrale della città antica e rientranti nell'ambito di un quartiere a ridosso del fiume Esaro, probabilmente utilizzato come porto-canale. Il rinvenimento più eclatante effettuato nel corso di tali scavi è rappresentato dal recupero, avvenuto all'interno dei resti di un'abitazione dismessa nel corso della prima metà del III secolo a.C., di un ripostiglio di monete in bronzo e di un tesoretto costituito da monete in argento, oro ed elettro accompagnate da un piccolo nucleo di gioielli in oro (orecchini, fibule, ferma trecce, anelli). L'occultamento, opera di un mercante o un cambiavalute che tesaurizzava valuta pregiata, è avvenuto nel periodo tra l'assedio della città da parte di Agatocle di Siracusa (296 a.C.) e l'arrivo di Pirro in Magna Grecia (281-275 a.C.). Ma il Fondo Gesù restituisce anche elementi pertinenti a tetti fittili databili alla prima metà del VI secolo a.C. ed un frammento di sima frontonale analogo al tipo rinvenuto in via Telesio che fanno pensare alla presenza non distante dalle due aree di un santuario venerato tra VI e V secolo a.C. Anche in quest'area peraltro sembrano non mancare documenti, soprattutto statuine in terracotta, riferibili ad un possibile culto di Afrodite, divinità legata alla protezione della navigazione ed alla prostituzione sacra praticata proprio nei porti.

Il tesoretto di Fondo Gesù
Il tesoretto di Fondo Gesù
 
 

Via Vittorio Veneto (ex Banca d'Italia - Palazzo Messinetti)
In due aree prossime a via Vittorio Veneto sono stati effettuati due tra i più importanti rinvenimenti di un medesimo settore della città antica.Il primo avvenne agli inizi degli anni '30 del Novecento in occasione della costruzione dell'edificio allora destinato a sede della Banca d'Italia. Al di sotto di parte di una fitta necropoli di età romana, furono rinvenuti i resti di un edificio abitativo di età greca orientato nord-sud e, soprattutto, l'angolo di un imponente edificio in blocchi di età ellenistica, privo di partizioni interne, costituito da due muri in blocchi legati tra loro ad angolo retto dall'orientamento di 25° NW-SE difforme rispetto ai vicini resti di abitazioni. Considerato che nelle tombe furono rinvenuti alcuni elementi architettonici modanati in reimpiego databili tra la metà del IV e gli inizi del III secolo a.C. e data la differenza di orientamento della struttura rispetto agli adiacenti resti abitativi, si è ipotizzato potesse trattarsi di un edificio di culto o, meglio, di un recinto relativo ad una più ampia area sacra. Del resto, in un'area limitrofa sono stati ritrovati numerosi elementi ascrivibili ad un contesto templare inquadrabile nella seconda metà del VI secolo a.C. Si tratta dello scavo condotto tra le vie A. Tedeschi e S. Paternostro (palazzo Messinetti) tra il 1974 e il 1976 nel corso della costruzione di un palazzo per civili abitazioni. Questo fu il primo vero cantiere di indagine vigilata, apertamente avversato e conclusosi, purtroppo, a scapito della conservazione, in anni in cui forti furono le incomprensioni nei confronti della ricerca archeologica. Come in altre aree vicine (ex Banca d'Italia, BPC, via Firenze), anche qui venne rinvenuto un lembo dell'abitato greco, cui si sovrapponeva un tratto di una fitta necropoli sviluppatasi tra la fine del I e la fine del IV secolo d.C. In particolare, furono messi in luce un tratto di una strada larga m 4,80 (stenopòs) che separava due isolati con abitazioni articolate in vani rettangolari intorno a cortili, i quali subirono una distruzione apparentemente violenta nel corso del III secolo a.C. Per questo lembo di abitato sono state riconosciute quattro fasi, comprese tra la fine del VII ed il III secolo a.C. Saggi in profondità hanno individuato lembi di stratigrafie riferibili al primo impianto coloniale della fine dell'VIII secolo a.C., riconoscibili grazie al ritrovamento di frammenti di kotylai ed aryballoi protocorinzi associati a frammenti di coppe della classe di Thapsos, tra cui alcuni scarti di fornace che documentano la produzione locale di tali oggetti. Ma soprattutto, manufatti assai significativi hanno consentito di ipotizzare la presenza nell'area di un edificio sacro. In particolare, frammenti di terrecotte architettoniche tra cui un'antefissa a volto di Gorgone attribuibili ad un tetto della seconda metà del VI secolo a.C. che è possibile combinare con una testa in terracotta di poco più piccola del vero, in cui è forse da riconoscere un personaggio con elmo. Sempre dall'area in questione provengono statuette votive e ceramica miniaturistica, oltre ad un altare in pietra arenaria ed una importante testa in marmo, mutila nel volto, appartenente ad una statua-acrolito (raffigurante la dea Athena?) databile nei decenni centrali del V secolo a.C. e reimpiegata in una tomba di epoca romana. Dopo la trasformazione in area sepolcrale, si verifica una lunga interruzione nella frequentazione dell'area e solo in età medievale (XII-XIII secolo d.C.) la zona riprende a vivere, con l'installazione di un impianto artigianale, di cui sono stati recuperati i resti di quattro fornaci per la produzione di ceramiche.

Lastra in calcare con metopa e triglifi (III sec. a.C.)
Lastra in calcare con metopa e triglifi (III sec. a.C.)
 
 

Vigna Nuova
In una zona oggi ricompresa nel comprensorio industriale del Papaniciaro, al di sotto di un consistente livello di distruzione collocabile tra metà IV e inizi III secolo a.C., una serie di campagne di scavo (negli anni 1975, 1978, 1981 e 1993) hanno portato alla luce un edificio a carattere sacro posto immediatamente a ridosso dell'antica cinta muraria. La struttura, ad aula rettangolare, risulta composta da fondazioni con doppio paramento a blocchi in calcarenite di forma parallelepipeda e riempimento interno costituito da pietrame frammentario.  Nel primo venticinquennio del V sec. a.C. sul lato Sud-Ovest dell'edificio fu aggiunto un vestibolo e furono ricostruiti alcuni muri perimetrali. Ulteriori ristrutturazioni vennero eseguite nel IV sec. a.C. All'interno dell'aula trovava posto un basamento quadrato, in blocchi di arenaria, come sostegno per reggere il simulacro della dea o come bothros per sacrifici rituali. Pochi ma significativi sono i frammenti delle decorazioni in terracotta dell'edificio sacro di età arcaica. Il santuario si segnala per la quantità e la qualità degli ex-voto rinvenuti, ma soprattutto per la presenza di attrezzi da lavoro ed un gran numero di catene, ceppi e collari in ferro, alcuni dei quali contenuti in un calderone di bronzo. La rottura o deformazione intenzionale di tali catene che rimanda al carattere "liberatorio" della divinità qui venerata ha fatto ipotizzare che si tratti di Hera, la protagonista del pantheon crotoniate qui venerata nella sua funzione di liberatrice (Eleutherìa) e che gli oggetti siano stati dedicati dagli schiavi sibariti liberati dal tiranno Clinia intorno al 480-470 a.C.. Alla fase di VI secolo rimandano anche alcuni puntali in bronzo che costituivano il rinforzo della parte terminale di aste (probabilmente appartenute a sacerdoti) il cui valore storico è incrementato dalle iscrizioni in alfabeto acheo che ci forniscono i nomi di coloro che fecero la dedica alla divinità (Aqanthropos figlio di Teognis e Aischylos  figlio di Echestenes). Più corsivi e di minor pregio appaiono infine gli ex-voto di IV e III secolo a.C., essenzialmente ceramiche a vernice nera, ma anche lucerne e pesi da telaio. Non mancano comunque oggetti di pregio tra cui un eccezionale statere in argento emesso dalla zecca di Crotone che raffigura sul dritto la testa di Hera e sul rovescio Eracle seduto sulla roccia. 

Statere in argento con testa di Hera ed Eracle
Statere in argento con testa di Hera ed Eracle

 
Elaborazione dell'ufficio:Centro Elaborazioni Dati (CED)
Fonte: Settore Storia e Beni Culturali
Data ultimo aggiornamento 8 Agosto 2017
Revisionato da Alessandra Vrenna
Valuta questo sito: RISPONDI AL QUESTIONARIO