1861- 2011: Uniti per sempre

 
1861- 2011: Uniti per sempre
1861- 2011: Uniti per sempre

Parte l'iniziativa "1861-2011 - Uniti per sempre".
Da oggi il sito ufficiale del Comune di Crotone, in occasione delle celebrazioni dei 150 anni dell'Unità d'Italia, ospiterà uno spazio giornaliero dedicato ai principali avvenimenti che hanno caratterizzato un periodo storico fondamentale per il nostro paese. Una pagina quotidiana che ricorderà i momenti più significativi di questi ultimi centocinquanta anni di storia d'Italia. Un racconto, non strettamente in ordine cronologico, che vuole essere un  approfondimento su avvenimenti importanti per il nostro paese.
Nel corso dell'anno le pagine si arricchiranno di contributi, testimonianze, interventi e coinvolgeranno anche il mondo della scuola.
Si parte con l'antefatto dell'Unità d'Italia: il "grido di dolore" lanciato da Vittorio Emanuele II che ha dato il via all'epopea risorgimentale.
Le pagine che si alterneranno non avranno nulla di didascalico o cattedratico, ma intendono essere un piccolo contributo sull'importanza dei valori espressi dall'Unità d'Italia.
Un contributo che parte da un comune del Sud del nostro paese.
Un invito a ricordare, soprattutto ai più giovani, alcuni dei momenti più importanti della storia patria.
Per questo motivo anche sui comunicati stampa, nello spazio solitamente riservato alla promozione della città, saranno riportati frasi o momenti che richiamano l'avvenimento della celebrazione dei 150 anni dell'Unità d'Italia


"Un grido di dolore"

"Nel mentre rispettiamo i trattati, non siamo insensibili al grido di dolore che da tante parti d'Italia si leva verso di noi"
E' un passaggio del messaggio letto da Vittorio Emanuele II al parlamento sardo, il 10 gennaio 1859. Il preludio al periodo  ricordato come "Risorgimento".
Un passaggio forte. Voluto dal primo ministro del regno di Piemonte, Camillo Benso di Cavour e dall'imperatore di Francia Napoleone III con il quale, qualche mese prima, a Plombières, erano stati stipulati accordi segreti tra i due Stati.
Un grido destinato ad avere una vasta eco non solo in Italia ma in tutta Europa.
Soprattutto nell'Impero Austriaco già allarmato da una frase dell'Imperatore Francese all'ambasciatore austriaco durante il ricevimento di fine anno: "Sono spiacente che i nostri rapporti non siano più buoni come nel passato".
Dopo qualche mese da quel "grido di dolore"  la parola passa agli eserciti e prende vita il Risorgimento.
A distanza di secoli dalla caduta dell'Impero Romano, milioni di italiani sono unificati sotto una sola bandiera e prende forma un "nuovo paese", il cui nome, ancora oggi, a centocinquanta anni dalla sua nascita, conserva sempre il suo immutato fascino: ITALIA 
(3 gennaio)

"Il Presidente"
E' il 1 gennaio 1948.
Enrico De Nicola, già Capo Provvisorio dello Stato assume ufficialmente la carica di primo Presidente della Repubblica Italiana.
Era stato designato dall'Assemblea Costituente nel giugno 1946 a reggere le sorti della neonata Repubblica.
Avvocato penalista, uomo politico navigato e passionale, De Nicola fu non solo Presidente della Repubblica, ma anche Presidente della Camera dei Deputati, del Senato e della Corte Costituzionale.
Onesto, umile, austero nei costumi. Per prendere possesso della sua carica arrivò a Roma da Torre del Greco, dove viveva, con la propria autovettura.
Ebbe l'onore di firmare la Costituzione Italiana il 27 dicembre 1947.
(4 gennaio)
 
"Signore e Signori buonasera"
Il 3 gennaio 1954 prendono il via ufficialmente le trasmissioni televisive. E' Fulvia Colombo a dare il primo buonasera alle poche migliaia di italiani in possesso di un apparecchio televisivo.
Non stupisca che in un diario dedicato all'Unità d'Italia ci sia spazio anche per la nascita della televisione. In fondo la tv ha unificato anch'essa il paese facendo conoscere gli italiani tra loro.
Trasmissioni come Campanile Sera condotta da Mike Bongiorno, Enzo Tortora ed Enza Sampò nei primi anni sessanta hanno fatto conoscere a tutti la cosiddetta "provincia".
E come non ricordare la televisione che proponeva Alberto Manzi, il maestro che voleva insegnare a leggere e scrivere gli analfabeti, che negli anni sessanta, in Italia erano almeno due milioni. Era la televisione che tentava di assolvere al compito di grande divulgatrice per la quale sembrava nata.
Di questa televisione faceva parte il napoletanissimo Alessandro Cutolo. Il Professore, nell'immaginario collettivo sapeva tutto e per tutti aveva una risposta.
"Una risposta per Voi "era il palcoscenico dal quale Alessandro Cutolo presentava i filosofi greci come se fossero attori di varietà.
Era semplice, immediato, comprensibile, simpatico, popolare.
Negli anni sessanta, nel presentare gli ospiti del suo Musichiere, Mario Riva usava, per segnalarne l'importanza, una frase che era tutto un programma "ed ecco a voi, nientepopodimeno che..".
Era forse un po' provinciale, ma i suoi ospiti erano Gary Cooper, Bartali, Coppi, Totò e tranne quel suo "nientepopodimeno che" tutto il resto era semplice, genuino come la televisione di quegli anni.
(5 gennaio)

"W Verdi"
Il 27 gennaio 1901 muore a Milano Giuseppe Verdi. Era nato a Roncole di Busseto, in provincia di Parma il 10 ottobre del 1913. In un periodo in cui, durante il Risorgimento, tutti i letterati, i pittori, gli scrittori, gli artisti svolsero la loro attività per così dire "a mezzo servizio" cioè presi dagli eventi e quindi non pienamente dediti alla loro primaria attività, Verdi fu fedele solo alla musica.
Musica di cui era addirittura "turgido" tant'è che alcuni biografi raccontano che più che comporre musica se ne liberava.
Eppure Verdi, pur rimanendo esclusivamente nel campo della musica, fu comunque l'interprete assoluto del Risorgimento dal punto di vista artistico.
Con i suoi "squilli di tromba" seppe interpretare il sentimento dell'epoca il che denota non solo la grandezza del suo genio ma anche la sua attenzione alle correnti di pensiero che attraversavano il paese.
Un uomo che seppe essere moderno ed attento ai cambiamenti riproponendosi continuamente senza ripetizioni.
(6 gennaio)

 "E la bandiera! E' di tre colori"
La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni. (art.12 della Costituzione)
Una legge del 1996 ha istituito la giornata nazionale della bandiera che si celebra il 7 gennaio.
Fu proprio un 7 gennaio (del 1797) che il Tricolore Italiano fu designato a Reggio Emilia come bandiera della Repubblica Cispadana.
Secondo la tradizione il verde simboleggia la speranza a lungo coltivata dell'Unità Italiana, il rosso il sangue versato per essa, il bianco l'Italia stessa.
Ma noi preferiamo ricordare il significato della bandiera attraverso le parole di Carlo Azeglio Ciampi: "Il tricolore non è semplice insegna di Stato. È un vessillo di libertà, di una libertà conquistata da un popolo che si riconosce unito, che trova la sua identità nei principi di fratellanza, di uguaglianza, di giustizia nei valori della propria storia e della propria civiltà."

(7 gennaio)
 
 "Il trentino prestato all'Italia"
Il 19 agosto 1954 muore a Borgo Valsugana Alcide De Gasperi.
Deputato prima al Parlamento Austriaco e successivamente alParlamento Italiano, ebbe sempre alto il senso dello Stato, qualsiasi esso fosse.
Esponente di spicco del Partito Popolare e successivamente della Democrazia Cristiana, fu più volte Presidente del Consiglio.
Fu lui a prendere la parola per l'Italia durante la conferenza di pace di Parigi dell'agosto 1946: " Prendendo la parola in questo consesso mondiale sento che tutto, tranne la vostra personale cortesia, è contro di me" e con grande dignità ebbe modo di contestare le dure condizioni inflitte all'Italia dalla conferenza.
Quando morì nella sua amata residenza di Borgo Valsugana circondato dall'affetto della moglie e dei figli, inaspettatamente per la stragrande maggioranza degli italiani che ignorava che fosse sofferente da tempo, fu grande il dolore che pervase milioni di connazionali.
Il treno che lo accompagnava nel suo ultimo viaggio a Roma fu costretto a fermarsi numerose volte durante il tragitto perché in tanti vollero salutare questo grande Italiano
(8 gennaio)

"Un uomo solo al comando"
Il 3 gennaio 1960 chiude le ali l'Airone: Fausto Coppi. Era nato a Castellania il 15 settembre 1919.
Soprannominato il "Campionissimo" in venti anni di attività vinse tutto quello che era possibile vincere sulle due ruote: 5 giri d'Italia (1940, 1947. 1949, 1952, 1953), 2 Tour de France (1949 e 1952), Campione del Mondo nel 1953 e record dell'ora nel 1942.
Rivale da sempre con Gino Bartali ha segnato pagine indimenticabili nel ciclismo di tutti i tempi
Storica la tappa Cuneo - Pinerolo del Giro d'Italia del 1949 con la cronaca di Mario Ferretti: "un uomo solo è al comando; la sua maglia è biancoceleste, il suo nome è Fausto Coppi"
Le sue imprese lo hanno collocato nella leggenda. Un grande italiano. (9 gennaio)                                                                                                                          

"Carneade chi era costui?"
 
Se il filosofo greco citato nei Promessi Sposi resta, nell'immaginario collettivo uno "sconosciuto" o come si dice oggi "un non famoso", ben altra fama riveste l'autore di uno dei romanzi italiani più celebri: Alessandro Manzoni
Nato a Milano il 7 marzo 1785, Lisander è figlio del Conte Pietro e di Giulia Beccaria figlia di Cesare autore di "Dei Delitti e delle Pene"
Scrittore, poeta, drammaturgo. Il Conte di Carmagnola, gli Inni Sacri, il 5 maggio sono alcune delle sue opere che già basterebbero a farne dell'autore uno dei più grandi di tutti i tempi. Ma accanto, anzi al di sopra di esse, ci sono "I Promessi Sposi".
Cominciato nel 1821 trovò la sua versione definitiva solo nel 1842 quando nella ricerca di una lingua accessibile a tutti gli italiani, senza distinzione di origine e censo, Manzoni scelse il fiorentino.
Quando morì a Milano il 22 maggio 1873, dopo essere stato anche Senatore del Regno, non sapeva, probabilmente, che in quegli oltre vent'anni di riflessione sul suo romanzo, aveva non solo ritardato, agli italiani, il matrimonio di Renzo e Lucia ma aveva fatto qualcosa di più: gli aveva regalato una lingua
(10 gennaio)
 
"Un colpo di fucile"
Fu un colpo di fucile sparato dal suo fattore che segnò la riuscita dell'esperimento a cui teneva: il telegrafo senza fili.
Era il dicembre 1895 quando Guglielmo Marconi sperimentava l'irradiazione di segnali senza fili all'interno della sua abitazione.
Poi decise di spostarsi dalla casa e provare ad allargare il raggio dell'azione ponendo l'emittente dietro una collina a notevole distanza dal ricevitore. "Se vedi questo meccanismo trillare" disse "spara un colpo di fucile".
Quel colpo segnava l'inizio della comunicazione senza fili.
Marconi nato a Bologna il 25 aprile 1874, premio Nobel per la Fisica nel 1909, ha avuto il grande merito di aver dato il via a sistemi di comunicazione che hanno abbattuto le distanze.

(11 gennaio)

"Volare"
"Penso che un sogno così non ritorni mai più, mi dipingevo la mani e la faccia di blu".
Quando la sera del 30 gennaio 1958 al Festival di Sanremo, Domenico Modugno da Polignano a Mare cantò le prime strofe di "Nel blu dipinto di blu" tutti erano convinti che sulla scia dei "Vecchi Scarponi" e sui voli delle "Colombe" avrebbe finito per rivincere la kermesse la regina della canzone Nilla Pizzi con la sua "Edera".
Ed invece quando Modugno lasciò l'inciso per attaccare il ritornello con il suo "Volare oh oh" un entusiasmo irrefrenabile si scatenò in sala e davanti ai teleschermi.
Un urlo liberatorio quello di Modugno accompagnato da un gesto inusuale per i cantanti dell'epoca: le braccia aperte a simulare il volo nell'infinito blu che stava cantando.
"Nel blu dipinto di blu" che, tra l'altro ha venduto milioni di dischi, eseguita da centinaia di interpreti e conosciuta in tutto il mondo come la "canzone italiana", non è solo una canzone.
Rappresenta uno spartiacque di un'Italia che usciva dagli anni cinquanta e si affacciava verso i sessanta e verso il cosiddetto boom economico. 

(12 gennaio)

"La battaglia di Highbury"
Si può mai dare un significato ad una partita di calcio oltre al senso sportivo? Una domanda a cui è difficile rispondere.
Ma quella che si gioco a Highubury tra Inghilterra ed Italia il 14 novembre 1934 fu sicuramente qualcosa in più di una partita di calcio.
Da un lato quella che si definiva la nazionale migliore del mondo (l'Inghilterra) e che per questo, anche un po' spocchiosamente, disertava i campionati del mondo e dall'altra la Nazionale di Vittorio Pozzo, fresca campione del mondo ai mondiali di Roma.
Dodici minuti di gioco e già 3-0 per l'Inghilterra. Per l'Italietta sembrava profilarsi una disfatta con il fortissimo Luisito Monti, il centrale, fuori per infortunio (all'epoca non erano previste sostituzioni).
Ed invece Giuseppe Meazza prese per mano la squadra, realizzò due goal e fece segnare, insieme ai suoi compagni, una delle più grandi prestazioni di tutti i tempi di una nazionale italiana.

Nazionale che uscì, pur sconfitta, tra gli applausi del pubblico inglese.
Non c'erano stati in quei frangenti motivazioni di alcun genere per quella squadra, tantomeno politiche.
Solo undici uomini che erano stati fieri di onorare la maglia del loro paese.
(13 gennaio)

"Il marito di Margherita"
Il 9 gennaio 1878 moriva a soli cinquantotto anni uno dei Padri della Patria, Vittorio Emanuele II.
Al suo posto saliva al trono il figlio Umberto, che al contrario del padre che aveva voluto conservare il numerale del vecchio regno di Piemonte, decise di chiamarsi "primo".
Umberto I, nato a Torino il 14 marzo 1844 regnò fino a quando tre colpi di pistola sparati dall'anarchico Gaetano Bresci misero fine alla sua vita a Monza, il 29 luglio 1900 dove il Re era intervenuto alla premiazione di un saggio ginnico.
Già altri avevano attentato alla vita del Re durante il suo regno, tra cui il cuoco Passannante a Napoli. Fu salvato dall'intervento del primo ministro Cairoli.
Così come per il padre (Re Galantuomo) anche per Umberto fu coniato un aggettivo (Buono). Probabilmente per lo sforzo e l'impegno che produsse a favore della popolazione durante un'epidemia di colera a Napoli (A Pordenone si fa, a Napoli si muore: vado a Napoli).
Ma fu anche il Re dei cannoni di Bava Beccaris.
Sposò una cugina, Margherita, la quale ebbe sicuramente rispetto al Re maggiore popolarità tant'è che persino Giosuè Carducci dedicò alla Regina una delle sue Odi.

(14 gennaio)

 
"Recondita Armonia"
Il 14 gennaio 1900 per la prima volta gli spettatori del Teatro "Costanzi" di Roma poterono assistere ad un'opera che si proponeva come una grande novità rispetto a come era stato concepito prima d'allora il melodramma: Tosca
Il libretto era di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica e la musica era di un compositore toscano, di Lucca, che scomparso Giuseppe Verdi, ne aveva ereditato fama e apprezzamento unanime: Giacomo Puccini.
Protetto dalla pace della sua amata Torre del Lago, che oggi porta il suo nome, questo genio italico produsse un repertorio di grandi opere che ancora oggi sono tra le più ascoltare e rappresentate.
La sua grandezza sta nel fatto che pur nel rispetto della tradizione seppe dare alla sua musica un respiro di internazionalità, assimilando tradizioni, linguaggi, culture che provenivano da ogni parte del mondo.
Per molti, e noi siamo tra questi, Puccini è "la musica"
(15 gennaio)

"Scrittori di ieri..."
"Io nacqui veneziano e morirò per grazia di Dio italiano." E' il filo conduttore del romanzo, pubblicato postumo, di Ippolito Nievo, "Le confessioni di un italiano".
Nievo, scrittore e patriota, partecipò alla spedizione dei Mille. Fu "il cassiere" della spedizione e morì in un naufragio il 4 marzo 1861. Era nato a Padova il 30 novembre 1831.
Fu anche cronista attento della spedizione dei garibaldini, ma in precedenza fu un attento osservatore della realtà nella quale viveva attraverso articoli e saggi che gli costarono anche accuse di vilipendio contro l'Impero Austriaco.
Nel suo romanzo principale viene narrata la testimonianza di una vita trascorsa come patriota ma soprattutto di un uomo che vive la trasformazione della propria identità da veneziano ad italiano
(16 gennaio)

"...e di oggi"
"La parola diviene un urlo". Ed è forse più di un urlo quello lanciato da Roberto Saviano con il suo Gomorra.
Nato a Napoli il 22 settembre 1979, Roberto Saviano inizia come giornalista proponendo inchieste sulla criminalità organizzata.
Ma è con Gomorra che ottiene l'attenzione sulle sue denunce. Un romanzo che ha venduto oltre duemilioni e mezzo di copie ed è stato tradotto in cinquanta paesi.
Del romanzo è stata fatta anche una trasposizione cinematografica che ha vinto, tra l'altro, il premio della regia al Festival di Cannes.
Cosa abbia dato, cosa può dare al nostro paese un libro? Forse la risposta sta in queste poche righe: "Sapere, capire diviene una necessità. L'unica possibile per considerarsi ancora uomini degni di respirare"

(17 gennaio)

"Il creatore di anime"
E' vero che il Risorgimento si è caratterizzato soprattutto per uomini di azione. Ma queste azioni non sarebbero potute essere tali se non fosse stato creato l'animo giusto per proporle.
Ed a proporle, a sostenere gli animi, un uomo di Genova, Giuseppe Mazzini.
Il suo ruolo storico incontrastato di Padre della Patria gli assegna quello di sostenitore del principio di una Italia "Una, Indipendente, Libera"
Forse il miglior riconoscimento del ruolo di Mazzini gli deriva dalle parole di un "nemico", Metternich, "ebbi a lottare con il più grande dei soldati, Napoleone. Giunsi a mettere d'accordo tra loro imperatori, re e papi. Nessuno mi dette maggiori fastidi di un brigante italiano: magro, pallido, cencioso, ma eloquente come la tempesta, ardente come un apostolo, astuto come un ladro, disinvolto come un commediante, infaticabile come un innamorato, il quale ha nome: Giuseppe Mazzini"
(18 gennaio)
 

 
"Ladri di biciclette"
Avrebbe potuto essere Cary Grant l'attacchino comunale al quale rubano la bicicletta in uno dei capolavori del cosiddetto "neorealismo" italiano.
Una casa cinematografica americana propose infatti l'attore al registra Vittorio De Sica che invece scelse Lamberto Maggiorani che, con Enzo Staiola, compose la coppia padre/figlio che accompagna la trama di tutto il film.
Premio Oscar come miglior film straniero nel 1950, Ladri di Biciclette si pone come capolavoro assoluto della cinematografia italiana perché ha saputo raccontare la realtà italiana del dopoguerra, dove un furto di bicicletta poteva cambiare la vita, le vite di una intera famiglia.

(19 gennaio)
 

"Italia - Germania 4 - 3"
E' stata definita la "partita del secolo" quella che si giocò il 17 giugno 1970 allo stadio Atzeca di Città del Messico tra Italia e Germania Ovest, semifinale della Coppa Rimet.
Una partita che fino al 90' dei tempi regolamentari l'Italia di Ferruccio Valcareggi che non aveva entusiasmato nelle partite precedenti aveva condotto con il solito sistema: gol di Boninsegna, favorito da un rimpallo, dopo 8 minuti e poi chiusura ermetica a difendere una storica finale di Coppa del Mondo.
Poi accadde che, proprio all'ultimo secondo, Schnellinger che in campionato giocava nel nostro paese, ignorato da tutti infila Albertosi e manda le squadre ai supplementari.
E fu in quei trenta minuti che accadde di tutto. Muller (2-1 per la Germania). Burgnich (2-2), Riva (3-2 per l'Italia). E poi il 3-3 di Muller.  E poi undici passaggi verso la gloria con  Domenghini che dalla fascia crossa al centro con un gol di Rivera indimenticabile
(20 gennaio)



 
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